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Autore: 1455845@aruba.it Creato: 06/07/2006 16.59
Possibilmente parliamo di jazz...

Da 1455845@aruba.it il 24/09/2006 10.52

nel jazz, l'ideale è avere un proprio suono e l'obiettivo più alto è sicuramente riuscire ad organizzare un proprio gruppo che abbia un proprio suono... pertanto è proprio mancanza di cultura elogiare queste imitazioni di miles, coltrane o charlie parker et similia... quando un artista tende a raggiungere un suono che lo rappresenti, che lo riassumi... sente la vastità e la difficoltà dell'obiettivo... mentre che c'è di più tranquillo di rifarsi ad un modello collaudato e famoso? intrinseca assenza di una autentica sensibilità artistica in chi lo fa... e si pensi che raggiunto un "proprio" suono si è solo a metà dell'opera: poi bisogna riuscire ad avere un proprio suono di gruppo anche ripetendo un organico strumentale consolidato... si pensi a bill evans o a john coltrane: che c'è di più comune di un trio piano, contrabbasso e batteria o di un quartetto di sassofono più sezione ritmica... evans e coltrane sono stati capaci di dare a questi due organici un suono d'insieme inconfondibile.

Da 1455845@aruba.it il 21/09/2006 10.52

parlando con puccio sboto, forse il più famoso vibrafonista romano, che ha insegnato il bebop a quasi tutti i pianisti e chitarristi che circolano, semplicemente invitandoli a suonare a casa sua... gli ho chiesto perchè il vibrafono ha così poco successo in europa...soprattutto paragonato ad altre eleborazioni strumentali statunitensi come la batteria, la chitarra elettrica... forse solo l'organo hammond ha meno successo del vibrafono nonostante fats waller l'abbia lanciato con un capolavoro autentico com'è "jitterbug waltz"... puccio pensa che il vibrafono piace a chi ha una autentica cultura jazz... il che significa veramente a pochi...

Da 1455845@aruba.it il 16/09/2006 9.30

un musicista jazz si presenta come uno strumentista che compone ed esegue la sua parte usando l'improvvisazione come metodo di composizione. pertanto, quando valutiamo o vogliamo valutare, un tale musicista dobbiamo valutare il suo lavoro nel contesto di tutta l'opera... se è un collaboratore, è importante che abbia compreso perfettamente le intenzioni del direttore dell'esecuzione ed abbia contribuito ad esaltare ed espandere ogni dettaglio... se è anche il direttore, è importante che abbia scelto bene i suoi partners e che abbia spiegato bene le sue intenzioni, sì che questa composizione simultanea di varie personalità, giunga ad un risultato omogeneo. alla fine nel jazz, si esaltano vari gruppi dove questo connubbio felice si è avverato: e si parla degli hot seven di louis armstrong, del sestetto di benny goodman, dei quintetti di miles davis, del "modern jazz quartet", del trio di bill evans con scott lafaro, del quartetto di ornette coleman con charlie haden e così via... e questo già ci dice della natura collettiva di questa musica e della difficoltà di valutare un musicista che va visto nel contesto: per fare un nome, connie kay è perfetto nei suoi contesti ed è una stupidaggine pensare che un altro batterista avrebbe fatto meglio... avrebbe fatto cambiare il dettaglio musicale... avrebbe cioè fatto diversamente... ma questo non significa meglio...

Da 1455845@aruba.it il 07/09/2006 8.29

... lo strumento è la prima dichiarazione dell'artista... equivale nel cinema al genere... ed il polistrumentista è come un cineasta che ami esprimersi in generi diversi... il cinema ama fare vedere il suo aspetto collettivo... nei suoi festival, nelle sue premiazioni, si parla della fotografia, dei costumi, delle colonne sonore, degli attori non protagonisti e così via... si lavora per fare vedere la complessità dell'evento e l'importanza di chiunque partecipi ad esso... il jazz italiano agisce al contrario, riducendo la cosa a pochi nomi, quasi sempre trombettieri e sassofonieri come se fossero veramente i migliori musicisti in circolazione... nei paesi dove il jazz è di casa (vogliamo dire la granbretagna?...) tutti sanno che un pianista o un chitarrista è più musicista di qualsiasi soffiatore perchè mentre questo soffia, gli altri devono imparare le leggi di tutta la costruzione musicale, se vogliono suonare... un organista si deve occupare della linea di basso, dell'armonizzazione, dell'accompagnamento e dell'improvvisazione melodica... un batterista è il vero direttore di una esecuzione jazz insieme al contrabbassista... chi si rivolge ad un trombettista o ad un sassofonista come un tutto e come se pensasse che i titoli mondiali li vincono i cassano... i cassano non sono nulla senza i buffon, i cannavaro, i grosso, i de rossi ed i gattuso... by the way, quanti concerti da solo esistono di tromba o sassofono? ed ancora, un cantante affronta una problematica maggiore di un musicista a fiato perchè ci sono le parole che, da sole, rappresentano una impresa infinita...

Da 1455845@aruba.it il 07/09/2006 3.27

... ho sempre pensato che gli italiani che fanno del jazz... sono come truppe che agiscono nel territorio nemico: non si possono criticare...al massimo si possono mandare viveri... e forse consigli... ma solo se richiesti... ma il referendum è una cosa che non reggo... anche semplicemente perchè non differisce fra i vari strumenti che già potrebbe aiutare la tesi che tutto ciò aiuta facendo pubblicità all'intera comunità Jazz...

Da 1455845@aruba.it il 02/09/2006 9.29

... gli esseri umani, come tutte le bestie feroci, sono in aperta competizione fra di loro... su "down beat", rivista storica, c'era allegata la scheda per votare il migliore trombettiere, il migliore sax alto, tenore e così via... senza dimenticare chi merita migliore considerazione... così, per esempio, puoi votare come migliore trombettiere domenico gargiuolo e dire che francesco esposito è un trombettiere che merita maggiore considerazione... il tutto poi viene sublimato nel numero finale dell'anno dove tutti questi nomi vengono elencati e i vincitori godono di una intervista... chi scrive sul giornale sostiene che questo gioco fa una enorme pubblicità a tutto la cultura (cosa?...) jazz... qualche artista ha cercato di fare capire il limite della gara:il cantante kurt elling si è presentato all'intervista insieme a tre suoi colleghi, mark murphy, jon hendricks e kevin mahogany, ed ha voluto che l'intervista fosse fatta a tutti e quattro... elling doveva fare di più e presentarsi con venti colleghi... forse il grafomane avrebbe capito... ma quello che la gara non dice è 1) chi vince non è il più bravo e solo il più popolare al momento... 2) gli strumenti che si possono suonare muovendosi, sono più facili... (avete presente woody allen che insegue la banda con il violoncello, in una delle sue gag più riuscite?) 3) nel jazz, la tecnica esecutiva è sopravvalutata perchè la cosa più importante è avere idee e capacità espressive ergo: con due note monk mette tutti a tacere... 4) chi vince ha semplicemente un buon rapporto con i giornalisti e con i discografici, insomma ha capacità politiche... ma che c'entra tutto questo con la musica? 5) se si paragonano due musicisti classici (due esecutori) forse ( e sottolineo 'forse') si può dire chi è il più bravo... magari facendogli interpretare lo stesso brano... ma in jazz, la cosa è praticamente irrealizzabile perchè tutti aspirano ad una propria musica... 6) chiunque ha più tecnica vocale di billie holiday... ma non è billie holiday... ... ho dimenticato di votare per "down beat", ma, by the way, perchè onestamente non diciamo che il referendum ci segnala chi è meglio distribuito, meglio prodotto ed ha più amici fra i giornalisti?

Da 1455845@aruba.it il 20/08/2006 9.23

... sono più o meno quaranta anni che cerco di fare conoscere il vibrafono ai miei connazionali... è probabilmente una battaglia persa... ma una in più che vuoi che faccia?... che il vibrafono provenga dallo xilofono e dalla marimba, non mi trova d'accordo: è un metallofono... mentre i detti cugini sono di legno ed hanno le note naturali disposte ad un 'altezza diversa dalle alterazioni... il metallofono diventa vibrafono poi grazie a due invenzioni impossibile da applicare al legno: il pedale di sostegno ed il ruotare delle alette nelle canne poste sotto le piastre...

Da 1455845@aruba.it il 20/08/2006 8.47

... secondo il mio metro... in usa direbbero: 'in my book...'... il più grande musicista vivente è andrè previn... questo ebreo nato a berlino nel 1929 ed oggi ovviamente statunitense, può suonare jazz, può eseguire qualsiasi concerto per piano e orchestra (diciamo... sciostakovic?...), può comporre una canzone o un musical o una colonna sonora e, udite udite, una opera lirica... e vorrei veramente ascoltare e vedere questa opera lirica basata sul dramma di tennessee williams: "un tram che si chiama desiderio"... quando emigrò in granbretagna dove si portò la moglie di sinatra, mia farrow, che poi divenne una delle sue tante mogli, previn accettò di dirigere l'orchestra sinfonica di londra e di comporre almeno un concerto l'anno per un solista e la detta orchestra... cosa che il buon andrè fece regolarmente... poi mia andò con woody allen (sembrerebbe l'opposto, ma anche allen è un ebreo tedesco che non vuole sentire parlare di religione...)... e finì sui giornali la fine della loro unione ed il legame successivo di allen con una vietnamita figlia adottiva di andrè e mia... trentacinque anni di meno cioè più o meno quanto separano il grande andrè dalla sua attuale consorte che è una violinista di classe mondiale... ogni tanto previn fa delle scemenze... come fare incidere jazz a qualche grande solista classico... (meglio quanto fa cantare jazz a qualche grande cantante lirica... il risultato è più accettabile...), ma tutto questo è comunque frutto di una energia sorprendente... recentemente andrè si è pronunciato un pò perplesso sul vagolare perpetuo di keith jarrett sulla tastiera in solitaria avventura... pare che andrè abbia detto che gironzolando per un'ora sopra una tastiera qualcosa prima o poi esce... keith si è offeso e, chiamandolo per nome (che nel mondo anglo-americano, significa che i due si conoscono personalmente...) lo ha invitato a riconoscere che quello che ha detto non è vero... se c'è una puntata ulteriore della telenovela, ve lo comunicherò...

Da 1455845@aruba.it il 18/08/2006 1.37

ho ascoltato dal vivo joey de francesco tre volte: la prima volta era un ragazzino nel gruppo di miles davis, poi, a roma, fronteggiava herbie hancock in un omaggio a davis ed infine, in trio con john mclaughlin alla chitarra e dennis chambers alla batteria, metre lui troneggiava ad un organo hammond tutto metallico, stile spaziale... questo ultimo è stato un concerto splendido che ridimensiona allegramente quello più recente di de johnnette- scofield - goldings..., e ci fu una chicca finale: de francesco impugnò una tromba e in duo con mac laughlin, suonò "i fall in love too easily", ovviamente in omaggio a miles davis... possibile che sia così difficile trovare il suo omaggio alla canzone italiana che spiritosamente ha intitolato "the goodfellas"?...

Da 1455845@aruba.it il 15/08/2006 10.05

roy ayers è un cantante- vibrafonista molto amato a london... per puro caso, so un pò tutto di lui... da quando suonava nel quartetto del pianista jack wilson al quintetto diretto dal flautista herbie mann... poi i suoi inizi come leader... in un concerto (montreux?...) dal vivo, notai il suo mettere insieme delle cose di cal tjader e delle cose funky alla zawinul-hancock-davis più un canto invitante al ballo... nel 1996, l'ho visto in un parco di new york... ballavano tutti, anche gli addetti al palco... insomma, musica da ballo... ma è impossibile dire che il jazz non c'è: il chitarrista faceva degli assoli lunghi da vero jazzman e lo stesso ayers dopo avere fatto il gigione da bravo sex-machine, non mancava mai di fare il suo bravo assolo al vibrafono con una eloquenza invidiabile... in italia, lo snobbiamo... notoriamente non amiamo la musica allegra... per noi jazz significa un sassofonista plumbeo che suona veloce... anyone for diversityville?