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03/01/2012 19.29
L’improvvisatore jazz solitamente non compone canzoni, ma studi, a volte, addirittura esercizi. E’ un peccato, perché la sua preparazione porterebbe ad una composizione cantabile di alto livello, come ha pienamente dimostrato Duke Ellington.
Ma Ellington e pochi altri sono delle eccezioni, l’improvvisatore jazz compone quasi sempre per fissare sulla carta il linguaggio che sta mettendo a punto.
Gli studi fanno parte della storia della musica, ma solo artisti grandiosi come Bach, Chopin, Lizst, Scriabin e simili, hanno composto studi che sono considerati brani di repertorio.
Anche nel jazz, qualche studio è diventato brano di repertorio ovvero standard, ma la cosa è rara.
Lennie Tristano (1919-1978) è un grande del jazz ed un artista tipico degli anni quaranta e cinquanta. Anni in cui il musicista componeva “parafrasi” di canzoni notissime, che illustravano il proprio lessico di improvvisatore.
Tristano aveva una grande cultura musicale ed una mentalità da ricercatore: il primo a fare il viaggio dal bebop, ovvero dal jazz moderno, al free, ovvero l’improvvisazione assoluta, è stato lui.
Partito da Art Tatum, come tutta la sua generazione, Tristano ha portato il pianoforte solo fino alla composizione improvvisata cara a Keith Jarrett.
Se l’improvvisazione può essere un metodo di composizione, Tristano lo ha mostrato a tutti. Basterebbe citare “Scene And Variations” dedicata ai suoi tre figli ed il “Requiem” per Charlie Parker.
La generazione del bebop sono i nati negli anni venti.
Gli esponenti italo-americani sono i più grandi del clarinetto moderno: John LaPorta, compagno di Tristano e di Charlie Mingus, Jimmy Giuffrè, di cui abbiamo già parlato, Tony Scott, ovvero Antonio Sciacca, scopritore del pianista Bill Evans, direttore musicale di Billie Holiday e Harry Belafonte ed anticipatore della World Music ed infine Buddy De Franco, un virtuoso di primo rango, con una carriera discografica infinita.
Vale la pena di spendere qualche rigo su Antonio Sciacca/Tony Scott, perché è stato in Italia spesso e volentieri. Tony ci mostrò che un musicista jazz conosce a memoria varie centinaia di standards e che, anche se strumentista a fiato, può sedere al pianoforte e suonare queste varie centinaia di standards.
Pianisti bebop di origine italiana, oltre a Giacinto Figlia/George Wallington, sono Dodo Marmarosa e John Albany (Albani): entrambi artisti appartenenti al primo rango.
Fra i sassofonisti vanno segnalati: Phil Urso, partner di Chet Baker; Flip Phillips (Giuseppe Filippelli) che si fece conoscere sostituendo un “paisano”, Vido Musso, nell’orchestra di Stan Kenton; Sam Butera, compagno di Louis Prima, e, ovviamente, Charlie Mariano (1923-2009), un figlio di abruzzesi che ha suonato in tutti i contesti del jazz moderno e contemporaneo ed ha composto estesamente.
Mariano ha suonato e registrato con musicisti di ogni continente: elencarli tutti significa scrivere una enciclopedia. E’ stato il primo marito della pianista giapponese Toshiko Akyoshi ed il solista scelto da Charlie Mingus per “The Black Saint And The Sinner Lady” e per “Mingus, Mingus, Mingus, Mingus, Mingus”.
Lo stile di Mariano sembra una fusione fra quello di Johnny Hodges e quello di Charlie Parker con in più una versatilità ed una cantabilità tutta italiana.
Un altro sassofonista che ha scritto pagine importanti è Teo Macero (1925-2008) che, ad un certo punto della carriera, si è dedicato ad affiancare i grandissimi del jazz nella loro produzione discografica. Miles Davis, Thelonious Monk, Charlie Mingus ed altri si affidarono alla sua regia in sala d’incisione.
Macero ha firmato come “producer” 3000 (tremila) incisioni.
Restano anche un buon numero di prove del Macero musicista: basta citare “Teo” con il Prestige Jazz Quartet di Teddy Charles.
Una curiosità; sia Davis che Monk hanno intitolato un brano a suo nome: “Theo” di Miles e “Teo” di Thelonious.
Un altro grande “producer”, ma anche trombettista, compositore, orchestratore e direttore d’orchestra, è stato Salvatore Camarata detto Toots, ma qualcuno scrive ‘Tutti’, il che è più divertente.
Camarata ha diretto grandi come Louis Armstrong e Billie Holiday, ma anche musicisti classici ed è responsabile, sotto le sue varie vesti, di 300 (trecento) incisioni per Walt Disney.
Camerata ha composto estesamente per i musicisti classici, ma ci ha regalato uno standard: ‘No More’ reso celebre da Billie Holiday e riproposto da cantanti selettivi come June Christy, Irene Kral e Mark Murphy.
Altri trombettisti da menzionare in questa generazione sono i fratelli Pete e Conte Candoli e lo sfortunato Tony Fruscella.
Infine, i chitarristi: l’eccellente Bucky Pizzarelli, il cui figlio John è un cantante/chitarrista superbo. Poi, Sal Salvador ( vero nome Silvio Smeriglia) che si è rivelato con l’orchestra di Stan Kenton ed in seguito ha fatto delle incisioni di primo rango, dove figurano sue composizioni, spesso originali, ma “Frivolous Sal” è una parafrasi di “Cherokee”. Da notare che alla batteria c’è spesso il “paisano” Joe Morello (1928-2011) che è diventato celebre suonando con Dave Brubeck e Paul Desmond in “Take Five”.
Per chiudere, Giuseppe Passalacqua ovvero Joe Pass(1929-1994) un virtuoso inarrivabile. Una vita difficile raddrizzata proprio grazie ad una facilità leggendaria sullo strumento.
Sentire suonare Joe Pass dietro Ella Fitzgerald o con Oscar Peterson, con Sarah Vaughan o con Milton Jackson, con Count Basie oppure solo, è incontrare il jazz al suo zenit.
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