David Friedman, classe 1944, è uno dei più grandi percussionisti a tastiera viventi.
Nel tracciare il suo profilo, vale la pena di sottolineare come gli insegnanti ed i mentori siano stati determinanti nelle scelte artistiche del soggetto.
Nato come batterista, entrò nella Juillard – la scuola più costosa del mondo – per diventare marimbista… nel frattempo scopriva il vibrafono attraverso Milton Jackson, di cui trascrisse vari assoli…
Conosciuto Gary Burton, gli chiese delle lezioni, ma, dopo un paio di appuntamenti, Burton gli disse che non aveva bisogno di lezioni, ma semplicemente di andare a suonare…Friedman finì così fra le mani di Teddy Charles con il quale studiò a fondo Thelonious Monk alternandosi con il maestro al pianoforte ed al vibrafono…
Sulla scena internazionale fu portato dal flautista Hubert Laws che non ha mai scelto un genere, ma ‘naviga’ fra classica, jazz, pop e qualsiasi cosa purché la produzione sia di alto livello…
David Friedman, come risultato di tutte queste esperienze, usa il vibrafono alla Gary Burton, ma fraseggia alla Milton Jackson, è disponibile a qualsiasi esperienza d’avanguardia come Teddy Charles e come Hubert Laws, alterna il jazz, al classico, alla musica sperimentale e così via…
Friedman vive ormai da anni in Germania e questo ha allargato ancora di più il raggio della sua proposta musicale che resta, in ogni caso, raffinata e ricercata…
Esaminando la sua opera discografica, va sottolineata la sua collaborazione con Horace Silver. Solo quattro brani ma in essi è evidente la sua conoscenza di Milton Jackson, filtrata sia dall’intellettualismo di Teddy Charles che dalla concezione timbrica di Gary Burton.
Poi c’è l’incontro con il più giovane collega Dave Samuels ed il tentativo di mettere su un gruppo con un suono proprio. I ‘Double Image’ hanno un breve periodo di notorietà, ma manca qualcosa per un duraturo successo di pubblico…
Pertanto Friedman si tuffa in una serie d’incisioni per la Enja, dove abbandona l’idea di fare un gruppo con un suono proprio e dirige delle sedute d’incisione con vari musicisti di primo rango… sono tutte incisioni di primo livello molto belle , ma selettive anche perché Friedman vuole privilegiare le sue composizioni… probabilmente la più “appetibile” è quella con Chet Baker, Buster Williams e Joe Chambers, i quali fanno tornare Friedman su Horace Silver e gli standards.
Proseguendo senza cronologia, c’è , nell’ottica della sua ricerca, il trio con Daniel Humair ed Harvie Swartz ed una riuscita collaborazione con la cantante Lauren Newton. Una americana che vive a Vienna e che fa dell’avanguardia strutturata con intelligenza ed umorismo. L’incisione “Timbre” probabilmente è quanto di meglio si possa ascoltare nel genere.
Ancora c’è un incisione elettronica con David Charles, che può essere bilanciata da una esecuzione della sarabanda in si minore per violino solo di J.S. Bach…
Poi ritorna il desiderio di mettere su un gruppo che abbia un proprio suono… l’aspirazione più alta che può coltivare un musicista… I tentativi sono con due trii: quello con il trombettista Kenny Wheeler ed il pianista Jasper Van’t Hof e quello con il fisarmonicista Dino Saluzzi ed il contrabbassista Anthony Cox. Sono ambedue incisioni da cinque stelle, ma purtroppo è il successo commerciale a dire l’ultima parola e Friedman non sembra il musicista che può diventare popolare sia pure nell’ambito del jazz…
Cosa manca a Friedman per diventare conosciuto come Burton, Hutcherson e Mainieri?
Musicalmente e strumentalmente… niente… ma le sue composizioni sono costruite senza pensare al pubblico… Herman Hesse forse indagherebbe altrove…
Ma, in fondo, che importanza ha? Friedman gode di una stima totale in tutto il mondo fra gli “addetti ai lavori”… che c’è di meglio?
Un’ultima cosa: su “Youtube”, Friedman è ripreso mentre esegue “Solar” di Miles Davis in 7/4 insieme agli studenti britannici del Leeds College, suonando lo xilosinth della Wernick.