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bobby hutcherson
foto di Dragan Tasic
     
 
   Bobby Hutcherson Riduci
Nato a Los Angeles nel 1941, Bobby Hutcherson ha studiato sia il pianoforte che le percussioni, prima di scegliere il vibrafono e di farlo il suo principale strumento.
Le sue uniche lezioni sul vibrafono gli furono date da Dave Pike, grande vibrafonista di Detroit, che si era trasferito in quel momento in California per suonare con il pianista Paul Bley.
Hutcherson è profondamente californiano nell’atteggiamento professionale e nella curiosità. Infatti, suona praticamente con tutti senza curarsi dello stile e così a ventidue anni ,quando si trasferisce a New York, ha già un’esperienza da veterano.

Il suo fraseggio è ricco e profondamente pianistico e percussivo allo stesso tempo. I suoi simili sono evidentemente Herbie Hancock e McCoy Tyner, che in quel momento sono rispettivamente il pianista di Miles Davis e quello di John Coltrane.
C’è abbastanza perché tutti lo chiamino a suonare ed incidere con loro: Jackie McLean, Charles Tolliver, Archie Shepp, Eric Dolphy (“Out Of Lunch”), Andrei Hill, Tony Williams, Grant Green e così via.
Hutcherson decide così di viaggiare fra le due coste e questo diversifica un po’ la sua produzione. Infatti, in California i suoi compagni sono più lirici (John Handy, Harold Land), mentre a New York suona in contesti più duri che spesso sconfinano dal ‘modale’, che lui predilige, al ‘free’.
Il suo solismo è eseguito con due battenti di media durezza, mentre armonizza dietro i solisti a quattro battenti, in maniera del tutto simile ai pianisti citati.

La produzione per la Blue Note
, che lo tiene sotto contratto per quindici anni dal 1962 al 1977, è strepitosa; anche perché nei suoi dischi appaiono tutti i più grandi solisti suoi coetanei.
Ed il repertorio è composto interamente da originali o dello stesso Hutcherson oppure dei suoi compagni di viaggio: Joe Chambers, Harold Land, Stanley Cowell, Hancock, Chick Corea eccetera.
Sono gli anni caldi della protesta nero-americana e del Vietnam ed Hutcherson viene spesso opposto a Gary Burton che con la sua “fusione” acustica ed il suo abbigliamento da ‘figlio dei fiori’ è più popolare e vende di più.
Hutcherson ironizza con orgoglio: “E’ più difficile suonare a due battenti che a quattro…..” In realtà, i due si somigliano in alcune cose. Per esempio, nell’inseguimento di brani originali che portino a strutture e tecniche d’improvvisazione diverse dal bebop storico.
Li separano l’amore per strumenti diversi ed ovviamente l’estrazione culturale. Burton stravede per la chitarra che è uno strumento molto simile al vibrafono nell’estensione e nella dinamica e che risuona un’ottava sotto.
Mentre Hutcherson ama suonare nel classico quintetto hard bop: tromba, sassofono, piano, contrabbasso e batteria, dove il vibrafono si aggiunge o prende il posto della tromba.

Finito il contratto con la Blue Note, Hutcherson viene scritturato brevemente dalla Columbia.
Sembra l’occasione per una fama planetaria, ma la ricchezza della produzione non cambia il prodotto del vibrafonista che è profondamente fedele a sé stesso: la sua musica è identica a quella registrata per la Blue Note.
Rientrato nell’ambito di una produzione più modesta – verrebbe da dire più jazzistica….- , Hutcherson prova dire la sua in due nuove direzioni: adottando gli standards e provando a riempire il vuoto lasciato dalla morte di Cal Tjader, ovvero, cercando di legare il jazz alla musica latino-americana. Il che gli fa usare estesamente la marimba negli studi  d’incisione.

Hutcherson è uno straordinario musicista e, pertanto, anche questo cambio di direzione è fatto benissimo, ma, curiosamente, ciò lo porta ad assomigliare al padre dell’ “acid” jazz: Roy Ayers, cioè ad un vibrafonista suo concittadino, nato qualche mese prima.
Ma è solo una constatazione momentanea, perché Hutcherson riprende il suo vecchio discorso e, soprattutto, si lega in maniera definitiva a McCoy Tyner. E questo è un rapporto vincente per ambedue. Ormai, in Europa, siamo abituati a vederli suonare insieme ed aspettiamo ogni anno che ritornino in duo o in quartetto, riproponendo il loro repertorio dove Thelonious Monk va a braccetto di John Coltrane, l’Africa si ricongiunge al Brasile e c’è comunque spazio per le eleganti ballads di Mahnattan.

Nino De Rose  (docente di Jazz al Conservatorio di Milano)


Discografia essenziale:
Nella sterminata discografia di Bobby Hutcherson si può prendere a piacimento: è tutto eccellente.

Piace comunque sottolineare, i due dischi in quartetto con Herbie Hancock, “Happenings” e “Oblique”, il quartetto con Kenny Barron, Buster Williams ed Al Foster dal vivo al Village Vanguard (dove suonano ‘Estate’ di Bruno Martino), il quartetto con Tommy Flanagan ‘Mirage’ e tutti i dischi con McCoy Tyner fra cui il duo “Manhattan Moods”.
Mentre per chi vuole ascoltarlo in un contesto latino-americano c’è: “Ambos Mundos”.