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Roy Ayers
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Roy Ayers ha recuperato il gusto dell’intrattenimento nel jazz, proprio di alcune grandi figure dello swing come Lionel Hampton e Fats Waller.Ayers, concittadino e coetaneo di Bobby Hutcherson, ha avuto un percorso completamente diverso, ma le sue opere iniziali come “West Coast Vibes” o “Virgo Vibes” sono molto vicine a quelle dell’amico Bobby.Hutcherson parte da Dave Pike, ma è subito attirato dall’area sperimentale dell’altra costa e per anni divide la sua attività fra New York e Los Angeles…Ayers preferisce restare al sole…insieme al pianista Jack Wilson rivisita tutti gli stili in voga ed incide di tutto da “The Sidewinder” di Lee Morgan a “The Sphink” di Ornette Coleman e vari standards.Ayers stilisticamente può fare venire in mente Cal Tjader, ma è evidente da subito la sua giocosità che richiama Lionel Hampton, anche se il suo fraseggio è tipico degli anni ’60.E’ comunque il flautista Herbie Mann a dare una sterzata definitiva alla sua carriera.
Mann è un flautista particolare che mescola il suo strumento in contesti diversissimi fra loro: dal pianista Bill Evans alla sezione di Rhythm and Blues di Memphis… così come anticipa tutti volando in Brasile per incidere con i grandi della ‘bossa nova’ e fa ripetuti richiami alla musica africana, afro-cubana e così via… sempre tenendo in mente i successi del momento…Insomma Herbie Mann è l’ideale guida per un jazz di dimensione popolare…Ayers, grazie a Mann, ottiene un contratto discografico, ma ancora non è pronto per qualcosa di personale… tutte le sue incisioni del periodo sembrano una rassegna di ciò che passa sulla scena: hard bop, bossa, funky, modal ballad eccetera… Il nostro eroe capisce che deve essere capace di amalgare tutte queste fonti in una cifra personale, ma ancora non sa come… ci riesce firmando per la Polydor ed aggiungendo la voce… Ubiquità è il vocabolo che lo affascina… Roy Ayers’ Ubiquity è la sua firma…
Da allora i puristi del jazz cancellano il suo nome, ma in realtà Ayers non diventa un artista pop o rock… il suo successo non valica i confini del jazz e lui continua a lavorare nei canali jazz, solo che la sua proposta è giocosa, divertente, ballabile… le sue copertine spassose… le presentazioni dei brani, nei concerti, da attore comico consumato… insomma, un intrattenitore a tutto campo…Si parla di jazz ‘acido’… ma cosa sia questo ‘acid jazz’ sembra piuttosto fumoso…Analizzando tutte le componenti della sua musica, ne viene fuori che Ayers vuole divertire, ma sempre usando il jazz… citando Miles Davis, il funky-jazz di Herbie Hancock (sicuramente il suo pianista preferito), lo scat bebop, il jazz afro-cubano ed una buona dose di Rhythm and Blues…Si potrebbe parlare di Fusion, ma lui stesso preferisce l’etichetta jazzfunksoul o hip hop o dance floor, cioè di volere che la sua musica faccia ballare… Se è ‘fusion’, si tratta della sua forma più semplice e diretta, ma quando Ayers improvvisa il livello si alza e di molto perché il suo solismo è sicuramente di primo rango.
Il passo seguente di Ayers è un lavoro ed una lunga stagione di concerti con il più noto musicista africano Fela Kuti, poi collabora intensamente con vari musicisti americani, europei ed africani… nel frattempo ha adottato stabilmente il MalletKat, una tastiera a percussione dalla quale tira fuori suoni convincenti e, soprattutto, il suo fraseggio ricco e seducente.
Oggi Roy Ayers è ancora ignorato dai puristi jazz, soprattutto in Italia, ma la sua popolarità è enorme ed è sinonimo di un jazz allegro e fisicamente coinvolgente come è riuscito solo a Lionel Hampton.
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