Luigi Tenco è stato un personaggio decisamente interessante nella sua breve vita. Dal punto di vista vocale, ha cercato di imitare Nat King Cole anche usando pseudonimi anglo-americani ed ha avuto anche una esperienza come strumentista, dal clarinetto al sax alto..
Salvatore Quasimodo scrisse che Tenco si era inimicato il suo proprio ambiente, pretendendo un minimo di intelligenza nei testi delle canzonette.
E’ vero che Sanremo e dintorni non vogliono intelligenza nei testi delle canzonette, ma anche Irving Berlin avvertiva di non essere “too clever”, ovvero troppo intelligente, nello scrivere canzoni.
Cioè non bisogna confondere le canzoni d’arte con le canzonette commerciali, le quali devono mirare alla casalinga di Voghera o di Mondello: la grande canzone può uscire dal movimento commerciale, ma deve essere casuale.
Probabilmente, Tenco non voleva andare così lontano: semplicemente essere meno scontato o banale.
Per questo motivo, deve aver cercato di mutare in canzone una poesia di Bertold Brecht: “Ricordo di Marie A.”.
Qualsiasi autore di liriche per canzoni ha provato a fare una canzone da una grande poesia. Ad esempio, Sergio Endrigo diluì Costantino Kavafis, “La Città”, in “Dove credi di andare”.
Tenco è stato creativo nella sua diluzione, basterebbe notare il cambio della nuvola in una vela.
RICORDO DI MARIE A.
Un dì nel mese azzurro di settembre
Quieto all’ombra di un giovane susino
Tenevo il quieto e pallido amore mio
Fra le mie braccia come un dolce sogno.
E su di noi nel bel cielo d’estate
C’era, ed a lungo la guardai, una nuvola.
Era assai bianca e alta da non credere
E quando la cercai non c’era più.
Dopo quel giorno molte e molte lune
Con tante acque sono corse via.
Sono i susini già tutti recisi
E dell’amore, mi chiedi, che fu?
E ti rispondo: non me ne ricordo.
Eppure, credi, so che cosa intendi:
ma quel viso, io, non lo so più.
Questo soltanto so: che la baciai.
E anche il bacio, l’avrei dimenticato
Non fosse per la nuvola che andava.
Quella so ancora e sempre la saprò:
era assai bianca e mi veniva incontro
Sono forse i susini ancora in fiore,
forse il settimo figlio già quella donna avrà.
Ma pochi istanti fiorì quella nuvola
E quando la cercai era già vento.
(1924)
QUASI SERA
Quasi sera e tu eri con me
Eravamo seduti accanto al mare
Quasi sera e là sopra la sabbia
C’erano ancora i segni del nostro amore
Ricordo che tu mi parlavi
Io stavo guardando una vela passare
Era bianca era gonfia di vento
Era l’ultima vela era ormai quasi sera
Quasi sera e non ricordo altro
Né la voce che avevi né il nome che avevi
Quasi sera e poi non t’ho più vista
Non ho mai più saputo di te, della tua vita
Ricordo di noi soprattutto
La vela bianca che a un tratto
Sfiorò il nostro amore
Era bianca e dopo un momento
Io la stavo cercando
Ma non c’era che il vento.