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   L'Angolo del Testo Riduci
 
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   Gino Vannelli Riduci

   

Gino Vannelli è uno dei più grandi artisti di quel genere che ha avuto una pletora di nomi: jazz-rock, fusion, crossover, jazz elettrico e così via.

In una intervista del 2013 a Las Vegas, Vannelli ha affermato di essere un musicista fusion e che ‘fusion’ per lui significa usare qualsiasi tipo di musica per esprimersi: jazz, blues, rock, pop, folk, etnica, eccetera, senza dimenticare la sinfonica e l’opera.
Questo “italiano di Montreal”, come l’hanno chiamato per anni gli statunitensi, era un talento naturale che ebbe un contratto della Rca a soli quindici anni. Ma il padre, musicista, intervenì e disse chiaro e tondo al ragazzo che se voleva fare il musicista, doveva studiare seriamente.
Gino, completati gli studi musicali, come tutti i canadesi, si recò, insieme ai fratelli e colleghi Ross e Joe, a New York ed, in seguito, a Los Angeles. Qui ha fortuna ed ottiene un contratto per la casa di Herb Alpert, la A&M, ma la spinta finale la ottiene nientemeno da Steve Wonder, il quale sceglie Gino ed i suoi fratelli come gruppo spalla dei suoi concerti.
Il pubblico afro-americano è perplesso: siamo negli anni ’70, nel pieno della contestazione. Ma Gino lo convince con le sue canzoni ed un suo brano “People Gotta Move” viene trasmesso regolarmente dalle radio afro-americane, perché poteva essere letto come un invito a darsi da fare per il riconoscimento dei propri diritti.
Vannelli, quasi non si rendesse conto che la sua arma vincente è la sua voce straordinaria (vogliamo dire da italiano?...), propone ad Herb Alpert una suite orchestrale, “Un Povero In Paradiso”.

Alpert che, oltre ad essere un grande artista di suo, è anche un uomo dalla pazienza infinita, gli risponde che accetta di pubblicare la suite, ma vuole in cambio una canzone di successo, un brano da Hit Parade.
Gino, come fa sempre, ne parla in famiglia ed il padre lo informa che suo fratello Ross ha una idea di canzone che lavorata in maniera giusta, può diventare un successo. E così nasce “I Just Wanna Stop”, uno dei brani più ascoltati nel 1978, insieme a “Brother To Brother” un inno pacifista che dà titolo alla raccolta.
Gino Vannelli è ormai una “star” e ciò solletica i vari ‘cacciatori di teste’ che lo vogliono strappare ad Herb Alpert. Ci riesce Clive Davis, un uomo tristemente famoso presso gli amanti di jazz per essersi vantato di avere licenziato, nello stesso pomeriggio, Bill Evans, Charlie Mingus e Keith Jarrett.
Clive Davis dice di essere stato conquistato dal “pop intriso di jazz” di Gino Vannelli, ma il sodalizio dura poco perché Davis vuole intervenire sul prodotto musicale e Gino non lo sopporta. Comunque è qui che nasce “Living Inside Myself”, una ballata dove Gino disegna in maniera perfetta la strana solitudine che investe l’innamorato non corrisposto.

Vannelli continua ad incidere per varie etichette e, soprattutto, ad esibirsi in tutto il mondo con un ‘look’ più sobrio ed una musica sempre più ricca. Sono entrate in gioco anche altre lingue: il francese, l’italiano e lo spagnolo. Ed è evidente che per Gino, cantare in queste lingue, significa usare la voce in maniera lirica, vicino alla tradizione italiana ed alla romanza d’opera. Non c’è traccia di jazz-rock, quando usa le lingue neo-latine e spesso i brani sono di una sorprendente bellezza.
Muore il padre. E’ normale per un uomo che sta fra i quaranta ed i cinquanta anni, ma per Gino Vannelli è un evento che gli cambia la vita.
La morte della madre è l’inizio della decadenza per Elvis Presley.
Gino Vannelli è più fortunato: elabora il lutto con la sua arte ed esce dalla depressione con una incisione in italiano. Un evidente omaggio alla lingua dei suoi nonni e dei suoi genitori. “Canto” è un album per la Sony e rivela non solo la sua capacità di cantare ‘classico’, ma anche il suo amore per una lirica popolare che può raggiungere chiunque.
Vannelli ama Walter Whitman, il cantore della democrazia e della natura, tanto da dedicargli una canzone: “Walter Whitman, where are you?”.
Tornando a “Canto”, è interessante come il suo italiano sia leggermente impreciso, ma sostenuto dalla sua bellissima voce. Va sottolineato che Vannelli scrive sempre tutti i testi e le musiche delle sue canzoni e “Canto” non fa eccezione.


Da “Canto”:
“Amo perciò vivo
sento ed allora sì capisco
sogno e così prego
canto e quindi sono.”

Da “Parole per mio padre”:
“Quanto mi mancherai
quando il mio cuore batte forte
allora io ho bisogno di Dio
allora io ho bisogno di te.”

Nel 2000, Gino Vannelli canta “Parole Per Mio Padre” al Vaticano, mentre l’album intero esce nel 2003. Va detto che alcuni brani, Vannelli li realizza anche in inglese ed in spagnolo. La versione in spagnolo di “Mala Luna”, con il chitarrista di flamenco Daniele Bonaviri, è di una bellezza indicibile.

Negli ultimi quindici anni, cioè fino ad oggi, Gino Vannelli canta dappertutto in vari contesti e pubblica vari concerti dal vivo.
Nel 2009, ha pubblicato un album “A Good Thing” che riporta anche 23 poesie sue. L’album forse ha come titolo di punta “The Measure Of A Man” con questo distico:
“you can judge a man
by the woman he’s with”

Gino Vannelli è sposato felicemente da più di quaranta anni… che sia un omaggio alla moglie?

Su YouTube si possono trovare centinaia di sue esibizioni in Jazz Festival e Jazz Clubs, ma i critici ed i libri jazz ignorano Vannelli. Forse sono tutti sorpresi dalla sua versatilità. Sembra necessario elencare alcune gemme che si possono ascoltare via internet. “Storm At Sun Up” è il brano che dà titolo ad una raccolta jazz. Su YouTube c’è una versione con Mont Croft al vibrafono. Dal punto di vista dell’appassionato di jazz, è interessante il suo sodalizio con il pianista jazz olandese Michiel Borstlap, così come una spassosa lettura di una sua nuova composizione “Woman On Top”, che poi viene eseguita con un gruppo jazz numeroso. L’originalità delle proposte jazz di Vannelli forse sono nella raccolta “Yonder Tree”.
Da menzionare il brano “Fallen In Love” dove lo scatenato Tip-Tap del celebre Gregory Hines viene proposto come pura percussione, come elemento sonoro. Molti sono i suoi duetti con voci femminili, che sono spesso cantanti liriche.Insieme ad una britannica canta “All The Things You Are” con la Metropole Orchestra di London.
E’ una versione operettistica della canzone, così come è in originale, prima di diventare un jazz standard. In spagnolo duetta con Monserrat Caballè: il duetto è eccellente, ma la canzone,“Una Rosa A Dicembre”, è troppo triste. D’altra parte, la tristezza è un tema che ricorre spesso nelle sua canzoni: “Inconsolable Man”, “Unbearable Blue” …
La sua versione di “Lei” di Charles Aznavour , lo vede cantare in Italiano (con un paio di modulazioni…) fino all’ultimo ‘A’ che canta in francese e così scopriamo che l’originale è “Toi”, cioè Tu. Mentre in inglese ed in italiano è usata la terza persona. La versione di Vannelli è l’unica che ha swing, del resto la messa a punto ritmica è una delle sue maggiori doti.
Nella sua prima incisione “Crazy Life” tutte le parti di batteria sono suonate da lui. Ancora, va ascoltata “None So Beautiful” cantata dal vivo accompagnandosi al pianoforte. Vale la pena di notare come armonizza sotto la sua voce.

Concludendo, mi sembra di potere affermare che Gino Vannelli è un grande cantante e compositore jazz che mette a confronto la sua arte con altre forme di musica. E sono i testi che gli dettano quale altro tipo di musica affrontare, quale vestito musicale è meglio per i suoi versi.
Anche leggendo solo i titoli, si capisce che dalla canzone d’amore di alto livello si sposta in ricerche sociali, filosofiche e spirituali.
“Big Dreamers Never Sleep”
“A Little Bit Of Judas”
“Son Of New York Gun”
“Jehovah And All That Jazz”
“Persona Non Grata”
“Santa Rosa” e così via…

Gino Vannelli oggi ha 63 anni, canta meglio di prima ed è ancora un ‘animale‘ da palcoscenico semplicemente superbo.

 
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