Qualsiasi musicista rifiuta di essere chiuso in una etichetta.
E penso che tutti siamo d’accordo che un musicista non può essere “free” ovvero “libero” di formazione.
Forse in pittura è possibile, forse anche in teatro, ma certamente un musicista ha cominciato come tutti: inseguendo scale, accordi, arpeggi, melodie eccetera.
Probabilmente è lo stesso per uno scrittore e/o poeta: deve imparare a leggere ed imparare a scrivere… pertanto, un musicista ‘sceglie’ di fare free… in altre parole, ‘sceglie’ di sperimentare e fare musica che vorrebbe prescindere della sua conoscenza classica, ma in realtà, una improvvisazione libera denuncia il sottofondo culturale dell’improvvisatore stesso…
Teddy Charles trio, con Bob Crow e Don RobertIl primo vibrafonista “libero” è stato
Teddy Charles, forte della sua conoscenza dell’avanguardia europea, ha improvvisato lavori molto simili insieme al pianista
Hall Overton.
Ma Charles, così come poi Bobby Hutcherson e qualcun altro hanno suonato “anche” free, cioè non era il loro principale veicolo espressivo. Si pensi a Gary Burton che tocca il “free” sia nel funerale ‘cinese’ di Carla Bley sia in qualche brano occasionale…
Walt DickersonForse un nome che metterebbe tutti d’accordo è
Walt Dickerson, ma è un musicista “free”?
Dickerson ha inciso alcuni dei più grandi standards di tutti i tempi e le sue composizioni spesso sono fra le più romantiche di tutto il jazz contemporaneo… ha duettato con Sun Ra e dedicato incisioni a John Coltrane: sono due musicisti che arrivano al “free”, ma il primo ha le sue radici nello swing di Fletcher Henderson ed il secondo parte dal bebop più classico…
Pertanto, anche Dickerson va considerato un musicista tipico degli anni sessanta che parte dagli standards e da temi modali per sconfinare in momenti “liberi” ovvero aleatori, ma portandosi dietro una buona conoscenza del jazz precedente. E’ interessante notare che nelle sue incisioni americane per la Prestige, Dickerson resta molto più vicino alle sue radici, molto meno presenti nelle sue incisioni europee…
Da notare che ha un suono spesso molto bello e che ha una grande attenzione per l’uso delle alette nelle canne al quale attribuisce un evidente indirizzo espressivo, così come agli andamenti dell’esecuzioni che prevedono momenti diversi compreso lo strumento da solo.
Nei momenti da definire “free”, Dickerson può ricordare Cecil Taylor o Coltrane nei suoi soliloqui, ma ovviamente le sue atmosfere sono molto più cameristiche.
Il nome seguente è
Karl Berger, vibrafonista, pianista e cantante…un tedesco molto capace anche dal punto di vista organizzativo… lo scrivente lo trova più interessante nelle sue interviste che come musicista, il che forse fa dedurre che non sa realizzare le sue idee… Berger è un ottimo sideman, ovvero collaboratore, mentre nelle sue numerose incisioni non si avverte la scintilla di una autentica felicità espressiva.
Solitamente lavora in una area modale avvicinabile ad Ornette Coleman e l’ultimo Coltrane ed i suoi collaboratori sono ottimi, basti pensare a Dave Holland… come tutti (compreso lo scrivente…) ha tre stili diversi secondo se suona il pianoforte, il vibrafono o usa la voce… forse è inevitabile… la mia impressione è che sia un pianista con forti radici classiche e bebop e che usi il vibrafono e la voce proprio per dimenticare la sua impostazione.
Il connazionale
Gunther Hampel sembra tentare di ripetere il gioco di Paul Bley sul vibrafono, ma anche recuperare la giocosità del musicista da strada… è questo lo accomuna a molti “free players”.
Khan Jamal fa ritornare la solita domanda: non sarebbe più giusto parlare di un musicista modale che occasionalmente sconfina nel free?
Del resto uno studioso e musicista autorevole come Gunther Schuller sosteneva che anche Ornette Coleman va considerato un musicista modale non free. E lo sosteneva dopo avere trascritto alcuni lavori di Coleman, regolarmente pubblicati.
Khan Jamal ha inciso molto in Scandinavia: è un musicista modale che può ricordare Walt Dickerson, soprattutto nei dischi con il pianista Joe Bonner.
Jamal usa anche il vibrafono elettrico e delle divisioni ritmiche rock.
Jay HoggardJay Hoggard ha molti punti in comune con Jamal, ma la sua produzione è estesissima. Ha suonato e suona di tutto dalla musica più aleatoria a quella più commerciale… qualcuno l’ha accusato di non avere la preparazione necessaria per affrontare qualche contesto (ad esempio, con il grande chitarrista Kenny Burrell…), ma non sta scritto da nessuna parte che improvvisando si devono seguire determinate leggi… A questo proposito fa testo
Eric Dolphy:”… mi accusano di fare linee melodiche che non hanno alcuna relazione con gli accordi prestabiliti, a me sembra che le mie note qualche relazione con essi ce l’hanno…”
Hoggard non è così audace come Dolphy, in realtà, si limita a suonare “modalizzando” e non certo da bopper, come, del resto, fanno molti sassofonisti…
Non è detto che il risultato sia sgradevole…
Bobby Naughton suona in una area sperimentale con molti temi di Carla Bley. Naughton può essere avvicinato a Tom Van Der Gelde: entrambi tecnicamente vicini a Gary Burton.
Earl Griffith è scomparso dopo avere inciso con Cecil Taylor, anche lui può ricordare Walt Dickerson, il disco “Looking Ahead” è buono, dispiace di non sapere altro.
L’ultimo nome da fare è
Bill Ware, ma anche quest’ultimo va considerato un musicista modale che ogni tanto prova ad afferrare l’infinito… tentativo notoriamente destinato a fallire…